mercoledì 14 settembre 2016

Il girasole improbabile

  E45, subito dopo l'uscita per Umbertide, direzione Roma. Dal mio lato la strada ha una doppia corsia, poi un cordolo bruttino di cemento e di là le altre due corsie in senso opposto. Intorno campagna e colline.

  Beh? Beh: le improbabilità. Stavo giusto ponzando su quanto sia improbabile per me, impiegatuccio anonimo famigliodotato, riuscire a mantenere un biplano impegnativo come Greta, che ecco là la risposta. Alla base di quel cordolo di cemento tra le carreggiate opposte.

  Di solito nelle fessure tra cemento e asfalto nasce qualche ciuffo d'erba, al massimo un tarassaco i cui soffioni sono spazzati via giovanissimi dalla turbolenza delle vetture in corsa.
  Stavolta invece no: mi dà le spalle addirittura un girasole.
  L'improbabilità.
  Una pianta giovane ma alta, con il fiore ben aperto pronto ad abbronzarsi appena le nubi lo permetteranno. Al centro dell'autostrada, contro ogni logica, contro ogni probabilità.

  OK, è un caso assurdo. Ma che insegna a non scrivere i propri piani secondo le probabilità di successo altrimenti ci precluderemmo la possibilità di farci sorprendere.
  Forse quindi Greta passerà un lungo e radioso futuro con me. Contro le probabilità.

  E mentre inizio a dirmi che la penso così perché mi fa comodo, perché sto tornando da un meraviglioso week end di volo sulla costa veneta dove ho vissuto i miei sogni (improbabili pure loro, e ormai avverati come quel girasole), mentre mi dico che il problema è nei conti entrate-uscite che i numeri mica giocano, ecco che abbasso lo sguardo. Il GPS mi dice i chilometri che mancano: 123. Il contachilometri parziale mi dice quelli che ho fatto: 456.
  Va bene, mi arrendo. Quante probabilità c'erano di pensare che i numeri non giocano e subito dopo abbassare l'occhio nel momento dell'123 456? (Tante, lo so, inconsciamente i miei occhi avevano già visto quei numeri e mi hanno convinto ad abbassare lo sguardo... No, OK. mi sto zitto.)

  Mi arrendo. Non valuto più le probabilità per prendere la decisione.
  E un attimo dopo il cielo con le nubi arancioni del tardo pomeriggio si accende di saette e lampi, nastri elettrici che adornano il cielo di luci pure, in uno spettacolo unico di archi proprio sopra la mia strada che mi accompagnerà sino a Fiano Romano.

  Mai mettere in dubbio l'improbabilità. E' il potere di farci sorprendere. OK Greta, ho capito. Grazie.

giovedì 7 aprile 2016

Faccio coming out.

  OK, faccio coming out. E' corretto.

  Chi mi conosce sa già che, secondo la visione comune, ho pensieri contro la "normale" natura umana, faccio cose per cui il mio corpo non è stato creato, ho desideri contro natura che mi fanno sentire vivo.
  Non è difficile vedermi in atteggiamenti che rendono chiare le mie tendenze e molti l'hanno notato. Quindi eccomi qui a fare coming out una volta per tutte, a dire chiaramente che no, non sono "normale", non ho nemmeno provato ad esserlo e se per questo mi viene chiesto di sentirmi un malato di mente, no grazie, c'è qualcosa di sbagliato e non è in me.

  Ecco, lo dico chiaramente: vado contro natura, è vero.
  Mio padre mi ha accettato, lui con la sua cultura all'antica non lo farebbe mai e all'inizio ha avuto problemi ma l'ha accettato e anzi ora è pure orgoglioso di me, di come vivo questa vita difficile di diverso dagli altri coetanei che vivono coi piedi per terra.
  A me piace volare.
  Sì, l'ho detto. Volare. Contro natura ché noi non siamo fatti per volare, contro la morale comune ché non si buttano così soldi e vite, contro lo stesso istinto di sopravvivenza. Con parapendii, biplani ultraleggeri, se serve ombrelli aperti, simulatori o solo fantasie (e no, ho le prove, usare tanto i simulatori non fa diventare ciechi).

  Vorrei gli stessi diritti degli altri e magari un giorno io e gli altri anormali riusciremo a ottenerli: hangar a prezzi di garage, facilità di trovare benzina nelle aviosuperfici, la possibilità di circolare più liberamente senza essere relegati in spazi aerei di serie B (anzi G) sotto gli aerei "normali", non doverci nascondere ogni volta che il Papa si affaccia e ci lancia contro un NOTAM, non essere più cacciati dagli aeroporti per ghettizzarci in campi fangosi come se si vergognassero di noi, non dover frequentare squallide club house private per trovare altri come noi.
  Magari un giorno, magari presto.

  Ecco, ho fatto coming out, mi ci è voluto coraggio e so di aver dato delusioni a chi mi conosce superficialmente ma io sono così: sono un diverso, mi piace volare, non posso farci nulla e non è una malattia. Spero di poter essere d'esempio ad altri e di leggere altri coming out, ora che l'ho fatto già mi sento più leggero e, si sa, essere più leggeri significa volare meglio.


Gianni

:D :D :D

martedì 29 marzo 2016

Astronauti e fumatori eccezionali



Treno, 7:30, verso l'ufficio. Leggendo l'autobiografia di Cheli, l'astronauta, che raccontava quanto gli fu difficile passare dalla seconda media nel paesino emiliano alla terza media nella grande Bologna. E poi eccolo là a fare missioni nello spazio. Mentre leggo si siede accanto a me un signore, 40-45 anni, giaccone rosso, puzza di sigaretta insopportabile, vecchi libri in mano. Chiama la mamma al cellulare e poi una scusa e si inizia a conversare. Io non sono mai ben disposto con chi mi interrompe una lettura, specie se puzza di fumo, ma l'antipatia dura poco: dai treni si passa alla politica, alla droga e infine all'amico morto per overdose conosciuto in comunità. Sì: perché il mio compagno di viaggio ha vissuto gran parte della sua vita in una comunità "voluta dal dr. Basaglia, legge 180" mi precisa, e ora vive in una casa famiglia. Problemi mentali non precisati, di cui resta un segno nel modo di parlare e nel muoversi più del dovuto sul piccolo seggiolino. Legge vecchi libri di politica e storia, si dichiara un rivoluzionario pacifista, difende gli animali, ahimé sceglie di non andare a votare. Parla tanto, si muove troppo, puzza come una discarica per posaceneri. Insomma, una persona da cui la maggior parte della gente si siede lontana: invece alle mie domande sulla vita in comunità si è illuminato e il libro di Cheli, l'astronauta che aveva problemi in terza media, è diventato banale. E poi con orgoglio mi ha detto che un giorno è diventato tanto autonomo da essere messo in uscita dalla comunità, fare addirittura un corso per office automation ("i computer" precisa) a piazza Bologna, un corso durato un intero anno. "Ora - mi dice con un evidente orgoglio - so passare le fotografie dalla macchinetta fotografica al computer". Alza un dito a sottolineare con fiera competenza: "Col cavetto".
Gente così merita ogni bene, ogni augurio. Sono stato felice di aver avuto vicino quella puzza di fumo stamattina, con buona pace del libro di Cheli. Gli ho fatto i miei migliori auguri e lui li ha fatti a me. Raggiungere i propri traguardi misurati col proprio metro, esserne orgogliosi. Andare a lavoro con lo stesso impegno e fierezza con cui si va nello spazio. Se mai andrò nello spazio difficilmente ripenserò alla terza media di Cheli ma ogni volta che sposterò foto dalla macchinetta fotografica al computer ("col cavetto") senza dubbio penserò a questo incontro, e saprò che per qualcuno ciò che riteniamo banale è una meta conquistata con orgoglio.

L'ho seguito con lo sguardo perdersi nella folla della metro a Piramide, unico giacchetto rosso tra il fiume di uniformi eleganti e tanto grige. Auguri, fumatore. Grazie per l'invasione.

venerdì 8 gennaio 2016

Il bruconcetto

  E' solo una sensazione, certo, ma ho trovato il modo di esprimerla.

  I bruchi. Prendi i bruchi. No, non con le dita: intendo il concetto. Sono vermi (che gli zoologi mi perdonino la semplificazione), fanno una vita da vermi misurandola con una scala da vermi, poi a un certo punto smettono di mangiare, non gli va più di muoversi, si rinchiudono sempre più soli e scompaiono alla vista. "Era tanto buono". Macchè, ovviamente eccoli tornare. Riaprono tutto e hop saltano fuori. Solo che non sono più vermi, sono qualcosa di splendido e completo come non lo erano mai stati, sono finalmente ciò che erano destinati a diventare. E magari gli altri bruchi non li riconoscono nemmeno. "Ma sono io, sono Mario!" "Oh splendida creatura, non mi prenda in giro solo perché sono un insignificante bruco, Mario è morto, l'ho visto io chiudersi e smettere di mangiare"
  Ecco.

  Ora lasciati contagiare dalla mia fantasia malata e immagina, per un attimo, che anche noi siamo bruchi. Facciamo la nostra vita gustosa ma strisciante. Però immagina che ci manchi qualcosa nella vita per cui il processo di trasformazione in ciò di splendido e completo che dovremmo davvero essere sia ormai compromesso, perso. Continuiamo rassegnati la vita da vermi, circondati da cose importanti solo per i vermi, con un vago malessere per qualcosa di più completo che ci manca, sino alla fine.

  Non so come si possa chiamare questa sensazione ma sta lì e finalmente gli ho dato una forma.
  E ora vado a rosicchiarmi una foglia a mensa.